C’è un luogo nel Cilento dove l’eco del mito riecchieggia tra le meraviglie del paesaggio naturale. Stiamo parlando di Capo Palinuro, un promontorio tanto meraviglioso da aver ispirato il canto del poeta Virgilio. Ma anche i moderni guardano ancora alle suggestioni di questa terra, che è stata scenario di film come “Ercole alla conquista di Atlantide” di Vittorio Cottafavi e “Gli Argonauti 2” di Don Chaffey. Scopriamo dunque questa perla della zona cilentana.
Il promontorio di Palinuro modellato dal mare
Capo Palinuro, nel comune di Centola, è un promontorio roccioso che si tuffa nel mar Tirreno tra il golfo di Velia e quello di Policastro. Venne abitato per la prima volta nel 540 a.C. da colonizzatori focesi, proventienti dall’Asia Minore. I greci vi eressero un villaggio e una necropoli. Abbiamo inoltre notizia di una flotta romana che nel 253 a.C. venne distrutta da una tempesta al largo di Capo Palinuro. Nel corso dei secoli, il mare ha scavato nella roccia calcarea numerose grotte e gole. Tra queste la splendida e suggestiva Grotta Azzurra, che deve il nome al colore delle sue acque. E poi ancora la Cala delle Alghe, la Cala Fetente, che prende il nome da particolari emanazioni sulfuree, e la Cala delle Ossa. In quest’ultima è possibile ancora vedere, calcinate nella roccia, ossa antichissime di quelli che con molta probabilità furono poveri naufraghi.
Palinuro, lo sventurato nocchiero di Enea
Secondo il mito, tra questi sventurati marinai ve ne fu uno che diede il nome al promontorio stesso, ai piedi del quale morì. Come il poeta latino Virgilio racconta nel libro V della sua Eneide, Palinuro era il nocchiero di Enea. Durante il viaggio che avrebbe portato l’eroe troiano a fondare una nuova città, Palinuro cadde in mare vittima del dio Sonno. Il dio Nettuno aveva infatti chiesto a Venere “una sola vittima per la salvezza di molti” (Eneide, V, 815), in cambio di un viaggio sicuro dei Troiani fino alle coste Campane. Così, ignaro sacrificio, fu naufrago per tre giorni, in balia del Noto, il vento del Sud. Le correnti lo consegnarono infine sulle spiagge cilentante, dove però la popolazione indigena lo catturò. Avendolo scambiato per un mostro marino, lo uccisero e rigettarono il suo corpo in mare.
La Primula di Palinuro, simbolo del Cilento
Le pareti rocciose del promontorio sono colorate dalla flora mediterranea tipica del versante tirrenico meridionale. Unico nel suo genere è però un fiore che vi cresce: la Primula di Palinuro (Primula palinuri), che prende il nome proprio da questa località. Con il suo intenso colore giallo-dorato, è infatti l’unica primula a crescere in un ambiente non montano. Uno studio svoltosi nel 2006 nelle aree campane ha portato alla classificazione della Primula di Palinuro come specie protetta. Ad oggi è infatti inserita nella lista rossa dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura). Proprio per la sua unicità e gaia bellezza, il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano ha scelto la Primula di Palinuro come simbolo del parco, fino ad inserirla nel proprio logo.