“Sibilla delizia e desiderio e Roberto il Principe delle crociate”
“Prima delizia, poi desiderio della gente, in futuro risorgente”. Questa era Sibilla degli Altavilla nel ricordo della sua lapide nella Cattedrale di Rouen. Fine triste e subitanea per una giovane moglie appartenente ad una delle famiglie più potenti e ricche del Meridione nel Medioevo.
Sibilla era colta e bellissima, la forza del Duca Roberto II di Normandia. Detto cosciacorta. Primogenito di Guglielmo il conquistatore, duca di Normandia e re d’Inghilterra.
Sibilla col matrimonio gli aveva portato una grossa dote ed era sentita come una minaccia dal fratello del Duca, Enrico.
La speranza era che il fratello non tornasse affatto da Gerusalemme, cadendo sotto qualche dardo saraceno. Il matrimonio era dimostrazione del rapporto tra gli Altavilla del mezzogiorno e i re d’Inghilterra.
In crociata, Roberto si era fermato a lungo nei possedimenti di Boemondo d’Altavilla. Tancredi, cugino di Belmondo II, fu ricordato dal Tasso nella Gerusalemme liberata.
“Vivesti solo un giorno come le rose”
Incerte e circondate da leggenda le notizie sulla morte della bella Sibilla. Teoria ufficiale, la morte fu provocata da avvenimenti post-parto. Una levatrice le avrebbe stretto il ventre con una fascia intrisa di un veleno per la produzione del latte materno, evidentemente secondo antiche usanze.
Invece, il veleno sarebbe stato la causa in altro modo. Senz’altro, figura scomoda per i parenti di Roberto II, che ambivano al Regno d’Inghilterra. La morte, nel 1102, sarebbe avvenuta non molto tempo dopo che il consorte aveva allacciato una relazione amorosa con Agnes Giffard. Oppure forse omicidio di Stato?
I tumulti che seguirono questa disgrazia impedirono, in ogni caso, la nuova unione ufficiale.
Lo Stemma degli Altavilla
La leggenda nella storia
La leggenda non poteva non entrare in gioco, romanzando questa breve storia d’amore. Roberto II, durante le Crociate in Terrasanta, fu colpito da una freccia avvelenata.
Di ritorno, si fermò a Salerno per consultare i medici della Scuola Medica Salernitana. L’unico modo per avere salva vita sarebbe stato succhiare via il veleno dalla ferita. Durante la notte, di nascosto, la moglie Sibilla lo fece, decidendo di sacrificare la sua vita per il consorte. La leggenda viene raffigurata in una miniatura nel Canone di Avicenna, un compendio medico.
Si nota Roberto che saluta e ringrazia i medici, mentre in un angolo altri medici attorniano Sibilla consumata dal veleno. Sibilla lasciò una copiosa eredità non solo in termini economici. In un’epoca dominata dall’analfabetismo, una serie di movimenti culturali che diedero vita alla prima Università, quella di Parigi.