La storia di Salerno è costellata da personaggi maschili quanto femminili, sebbene di queste ultime non si hanno fonti e notizie certe. Il più delle volte, infatti, gli uomini firmano la storia. Relegate ad esseri inferiori o a pedine sacrificabili, le donne hanno tentato di farsi spazio tra le voci degli uomini. A Salerno spiccano Trotula De Ruggiero, Isabella Villamarina, Giuseppa Barbapiccola, Elvira Notari e molte altre. Da non dimenticare, anche, Gaitelgrima di Salerno.
Gaitelgrima: all’ombra di una sorella principessa
Nata in una data sconosciuta, ma sicuramente antecedente al 1052, anno di morte del padre Guaimario IV, Gaitelgrima fu una principessa longobarda. Tuttavia, spesso la sua figura si reclude alla conoscenza per l’enorme fama della sorella. Tutti i salernitani, e non, conoscono, infatti, la principessa Sichelgaita, moglie di Roberto il Guiscardo, che partecipò assieme al consorte alle sue guerre. Nonostante ciò, anche la principessa Gaitelgrima risalta per la sua astuzia. Sfortunatamente, poche sono le notizie che si hanno sulla sua fanciullezza ma purtroppo fin da subito venne utilizzata come una pedina. D’altronde, era d’uopo all’epoca sfruttare le donne per fini politici ed economici e Gaitelgrima non poté sottrarsi a questa sorte. Fu così che, dopo aver vissuto alla corte del padre, sposò il normanno Riccardo I Drengot, conte di Aversa e principe di Capua.
Una pedina in mano ai forti: i matrimoni di Gaitelgrima
Con una volontà piegata ma non spezzata, Gaitelgrima sposò Riccardo, diventando principessa di Capua e andando a sostituire la prima moglie Freselinda. I motivi politici che spinsero la famiglia della principessa a concederla ad un normanno furono prettamente politici. I rapporti tra Salerno e Capua erano tesi e, da allora, si distesero, forti di un legame indissolubile. Il matrimonio, purtroppo, non durò molto a causa della morte di Riccardo il 15 aprile del 1078 e Gaitelgrima rimase improvvisamente vedova. Gaitelgrima fu costretta a sposarsi nuovamente e con il suo stesso figliastro, Giordano di Capua, figlio di Riccardo. Il papa Gregorio VII tentò di impedirlo, conscio dei legami di parentela che scorrevano tra i due e insospettito dal comportamento sprezzante di Giordano. A nulla, però, portarono le sue rimostranze e il matrimonio si svolse nonostante le proteste di Gaitelgrima.
Quando la pedina è diventata una scacchista professionista
Gaitelgrima si rassegnò alla sua sorte e diede al marito quattro figli, tre maschi e una femmina. Ebbe il tempo di risollevarsi e iniziò a prendere in mano le redini della sua vita. Convinse Giordano a confermare le donazioni che aveva fatto il padre al monastero di San Salvatore a Napoli e presenziò ad alcuni incontri importanti, testimoniando così la sua rilevanza politica e specialmente economica. Inoltre, amica dell’abate di Montecassino, Desiderio, gli concesse enormi donazioni con il benestare del marito Giordano. Facendo leva sulle sue enormi riserve economiche, Gaitelgrima iniziò a gareggiare da protagonista in un gioco di soli uomini.
Gaitelgrima, una delle prime femministe
Gaitelgrima si impegnò in prima persona per tentare di bloccare quel meccanismo fetido e marcio dei matrimoni politici, andando contro la volontà del marito. Giordano, infatti, aveva tentato di concedere in moglie sua figlia, ancora minorenne, al duca di Gaeta Rainaldo Ridelli. La principessa longobarda, spalleggiata dalla famiglia e da una forza di volontà non indifferente, smosse mare e monti pur di salvare la figlia da un destino ignobile e che la figlia stessa non voleva. Combattendo come una leonessa inferocita, Gaitelgrima ottenne la vittoria, sottraendo la figlia a ciò che voleva farla diventare il padre: l’ennesima pedina. In conclusione, Gaitelgrima, esempio di lotta contro il patriarcato e le sue conseguenze già all’epoca, non andava più considerata come una pedina. Era diventata la padrona di se stessa.